Ma il nazionalismo è morto?
- Lorenzo Macellari
- 8 mag 2017
- Tempo di lettura: 2 min
Nazionalismo. Fa venire i brividi solo a pronunciarlo. Ogni volta che questa parola torna fuori le prime immagini che affiorano alla mente sono quelle delle due guerre mondiali, causate proprio dai rispettivi nazionalismi dei paesi partecipanti. Negli ultimi anni sembrava essere scomparso, ma ecco che improvvisamente, con la crisi dei migranti, ritorna più forte di prima. Un esempio di vittoria nazionalista in Europa può essere il caso recente della Brexit (ossia l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea). Ed ecco che i media tornano a bombardarci con l’ascesa dei nazionalismi nei vari paesi, come ad annunciare una terza guerra mondiale. Ma cos’è veramente il nazionalismo? La sua corretta definizione sarebbe: “Ideologia o prassi ispirata all'esaltazione del concetto di nazione, che si risolve nell'autoritaria affermazione di valori che trascendono le esigenze della realtà politica e sociale dei paesi stranieri”. In poche parole, il nazionalismo mette il proprio paese davanti a tutti gli altri in ogni ambito: politico, economico, sociale ecc. A dirla così non sembrerebbe un male: il nazionalismo assicura, quindi, la competizione tra vari paesi, come una gara per dimostrare che lì si vive meglio. E, dunque, qual è la brutta notizia? Sfortunatamente il nazionalismo, spesso e volentieri, sfocia in xenofobia. Tutti gli immigrati, infatti, che siano regolari o no, non avrebbero nulla di sicuro nel caso in cui una nazione vada economicamente male. Nei nazionalismi si mettono al primo posto i propri cittadini, che devono avere tutte le sicurezze economiche e sociali per poter vivere dignitosamente. Gli altri sono un peso in più che grava sullo Stato, per questo vengono lasciati per ultimi.
Nella nostra epoca dove noi tutti, o quasi, ci consideriamo cittadini del mondo grazie alla globalizzazione, una pratica del genere danneggerebbe chiunque. Nessuna frontiera aperta, nessun aiuto dallo Stato se non abbiamo la cittadinanza ecc. Il nazionalismo è diventato, dunque, una piaga sociale, un male da debellare. Il nazionalismo è ignoranza, il nazionalismo è razzismo. Ma siamo davvero sicuri che il modo in cui stiamo vivendo sia il migliore?
Andiamo per ordine:
Il nazionalismo è ignoranza? No, poiché essere nazionalisti, implica una grande conoscenza della cultura del proprio paese, della sua storia e delle sue tradizioni.
Il nazionalismo è razzismo? Le due cose non sono per forza correlate, anche se spesso si finisce per abusare della propria identità nazionale per discriminare le altre.
Con l’inizio della globalizzazione, il nazionalismo scompare di conseguenza. Ecco perché se sentiamo frasi come “Prima gli italiani” ci scandalizziamo. La nostra generazione non è abituata ad identificarsi nella sua nazione, e chi lo fa è razzista, ignorante e probabilmente un nuovo dittatore. La globalizzazione annulla il senso di identità nazionale poiché, essendo tutti cittadini del mondo, diventiamo tutti identici. Essere cittadini del mondo significa anche essere cittadini del nulla, poiché ogni stato diventerebbe solo una collocazione geografica sul pianeta. Cittadini di tutto e di niente. Non avere una propria identità, però, abbassa di molto le probabilità di entrare in conflitto tra di noi, poiché ci indentificheremmo tutti come uomini con gli stessi obiettivi (perché in fondo siamo anche questo). Cos’è, dunque, migliore? Affermare la propria identità con il rischio di entrare in un conflitto di valori ed idee, o restarne senza pur di rimanere in pace con gli altri?
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