Spazio-Riflessione
- Michelangelo Cingolani
- 8 mag 2017
- Tempo di lettura: 2 min
Perennemente anelare la definizione
nella coltre dell’indefinito vagando leggero.
Definito è solo l’indefinito
l’ho scoperto poi
e mi ha anche annichilito.
Nel frattempo cosa fare?
Possiamo accettar la convenzione matematica, che funziona straordinariamente bene e ci permette non solo di vivere, ma anche di progredire.. ma l’anno bisestile? Posto il tempo, il nostro tempo, che è matematica, al tempo inconsapevole di essere chiamato tale - esso stesso come flusso di eventi sfumato e indefinito - dobbiamo recuperare la sfumatura in eccesso accumulatasi, ogni quattro anni, con un giorno in più a Febbraio. Tutto ciò per aggiustare l’inettitudine matematica, seppur leggera, nei confronti della realtà.
Non una grande sofferenza, se non per quelli a cui accadranno avvenimenti importanti in tal giorno, che saranno celebrati ogni millequattrocento sessanta giorni.
Belli gli anniversari, non hanno senso certo, ma per fortuna fingiamo di sì, perché è bellissimo, tediati dalla routine, guardare il calendario e vedere vicina quella data, sempre più vicina: Un delizioso languore scende lungo la gola, già mille pellicole attraversano la nostra mente, come sarà bello, scalpita in petto il cuore, gli occhi mirano lontanissimi. Ci ubriacheremo, scoperemo, andremo in discoteca a ballare come pazzi, o sarà una cena aristocratica, e allora sfoggerò tutta la mia eleganza, tutta la mia cultura, conosco il galateo a tavola, sono imperturbabile, come uno stoico, come Seneca, sono Seneca.
Per quelli però, che dovranno celebrare anniversari il giorno prima o il seguente, per non aspettare quattro anni, il paradosso è terribile. Sentire la mano umana che forza, corrompe la naturalezza delle cose, falsifica, per avere sentimenti; è come drogarsi.
Facile la risposta:
-“festeggiamo il primo perché se no prima porta sfortuna”.
-“Siamo qui a elucubrare e tu parli di scaramanzia? Preferisco la droga”.
Dicevo, esclusi questi sfortunati, a noi poco cambia, anzi niente, quel 29.
Sento però che è per lo stesso motivo, se a volte, il cielo plumbeo come un coperchio mi opprime l’anima. Gemo per questo eterno vagare nell’indefinito, cercando la definizione e accontentandomi della convenzione. Sento il traboccare del cosmo dalle nostre geometrie, e quell’eccesso ci ricade sopra, umiliante, come ci cade sopra la pioggia di Novembre.
Allora perché Ci hai dato il desiderio della perfezione?
Quando l’Interrogato manca all’ennesimo appello, tutto d’improvviso appare chiaro.
Ecco l’importanza dell’anelito verso la perfezione: non si arriverà mai ad essa, ma ad un grado di essere comunque migliore di quanto avremmo potuto senza alcun desiderare, annichiliti dalla realtà. Infatti la realtà è deludente, e otteniamo sempre meno di quanto vorremmo, per questo occorre volere tanto, il massimo che si possa volere, e per fortuna il nostro volere è infinito.
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